Un viaggio con “Avventure nel mondo” può diventare una buona opportunità per praticare Birdwatching in aree del mondo poco frequentate da un turismo di massa, se poi tale meta è il Botswana l’opportunità si trasforma in un’occasione imperdibile.
Il Botswana è una nazione racchiusa nella parte meridionale dell’Africa senza sbocco al mare e la sua economia punta molto sul turismo naturalistico, anche grazie ad una situazione politica stabile, ad etnie pacifiche, e al fatto che l’Inglese è la lingua principale, oltre al Motswana. Il turismo viene gestito bene ma non mancano i problemi. Le zone adibite al pascolo ed alle attività umane sottraggono sempre più spazio alla natura selvatica, inoltre vi è l’esigenza di delimitare tali aree per evitare contaminazioni tra animali domestici e selvatici e proliferazione di malattie dannose.
Non ero mai stata in quella parte d’Africa per fare birdwatching e quindi prima di partire mi sono procurata la guida “Birds of Botswana” di P. Hancock & I. Weiersbye poi, consapevole del fatto che il viaggio non era finalizzato all’osservazione degli uccelli ed avrei avuto poco tempo per soffermarmi sulle singole osservazioni, ho cercato di scattare quante più foto possibili in modo da poterle analizzare in seguito per giungere alla corretta identificazione. Il risultato finale è stato più che soddisfacente ed ho raccolto osservazioni relative a 141 specie in circa 9 giorni. Si tratta solo del 23 per cento delle circa 600 specie presenti nella regione ma considerando la breve permanenza, le modalità del viaggio, la vastità del territorio, è un risultato per me eccellente, anche perché le specie contattate sono state quasi tutti “lifer” come si usa dire nel mondo del birdwatching, cioè osservate per la prima volta.
E’ stato un viaggio emozionante vissuto a stretto contatto con la natura, in alcuni casi infatti abbiamo pernottato in tenda all’interno dei parchi, in aree consentite ma non protette seguendo le precauzioni dettateci dalla guida locale che ci accompagnava. Con un fremito abbiamo sentito durante la notte i versi di innumerevoli animali, rapaci notturni in canto o ruggiti del leone, risate delle iene lontane, urla delle scimmie, o il passo pesante dell’elefante, insomma, tutto quel mondo che da sempre ci affascina era lì, vicinissimo a noi.
Le radici della razza umana hanno avuto origine in Africa e la sua natura risveglia questo legame primordiale, è come se una piccola parte del nostro DNA si sentisse tornare a casa, ed i paesaggi, gli spazi, gli animali, i cieli notturni sembrano comunicare direttamente con la nostra anima.
Il viaggio
Il viaggio è iniziato visitando uno degli spettacoli più grandiosi della natura: le cascate Victoria (in Zambia, non lontano dal confine) formate dal fiume Zambesi, stupefacenti, lunghe oltre un chilometro e mezzo con un’altezza media di 120 metri.
Quindi siamo entrati in Botswana ed abbiamo percorso le interminabili strade (per la maggior parte sterrate) attraverso parchi e riserve a bordo di grossi fuoristrada aperti lateralmente che consentono una magnifica visione agli occupanti. Altra tappa molto emozionante, dal fascino tipicamente africano, è stata la navigazione per alcune ore sul fiume Chobe.
Qui abbiamo osservato sulle sponde centinaia di animali e volatili d’ogni genere: coccodrilli distesi al sole, ippopotami con le jacane che passeggiavano accanto a loro indifferenti, giovani elefanti, bufali d’acqua, le immancabili aquile pescatrici africane, martin pescatore bianconero, occhione acquaiolo, anatre di diverse specie, airone ardesia e golia, cicogna beccogiallo, gazzelle, giraffe, ecc.
Jacana
La biodiversità è tale che risulta difficile da descrivere e un elenco non renderebbe giustizia all’emozione che si prova. Nei giorni successivi abbiamo visitato il parco di Savuti, la riserva di Moremi e la città di Maun che si trova al margine del delta dell’Okavango. Qui abbiamo avuto la possibilità di sorvolare a bordo di piccoli aerei una parte di questo immenso ecosistema.
Il fiume Okavango nasce in Angola oltre millecinquecento chilometri più a nord ma, invece di dirigersi verso l’Oceano, sfocia in un delta interno nel deserto del Kalahari, dove crea un ambiente unico al mondo. La piena provocata dalle piogge a nord ci mette alcuni mesi ad arrivare al Botswana, dove poi evaporerà durante i mesi invernali (le stagioni sono inverse rispetto alle nostre) ma fornirà acqua preziosa alla sopravvivenza di migliaia di animali proprio nel periodo di maggiore siccità. Questo ambiente però è minacciato a monte da progetti di realizzazione di dighe per il prelievo e l’utilizzo di grandi quantità d’acqua.
Lasciando Maun ci siamo diretti in zone semi desertiche verso sud-est. Makgadikgadi Pans è ciò che resta di un enorme lago d’epoca remota, un’immensa distesa salata bianca accecante che si attraversa per arrivare a Kubu Island.
E’ “un’isola” intesa come una collinetta in mezzo a questo deserto bianco dove sorgono enormi Baobab millenari e dove il tramonto lascia letteralmente senza parole. A differenza dei parchi abitati da leoni, elefanti, ghepardi, ecc., dove ovviamente non si può vagare a piedi per ragioni di sicurezza, qui si può passeggiare liberamente tra questi alberi grandissimi che incutono quasi un timore reverenziale, oppure lasciarsi alle spalle la collina e camminare per un tratto nel nulla di questa distesa, senza poterne vederne i confini. Il tramonto ci ha trovati tutti seduti un pò sparsi, ma non lontani, a contemplare lo spettacolo. Non servivano parole ed il silenzio era assoluto. Finché il cielo è diventano nero e si è riempito di stelle all’inverosimile.
Il giorno seguente abbiamo iniziato il percorso di ritorno passando ancora per la cittadina di Nata con il Bird Sanctuary, famoso per i fenicotteri (non visti in quanto non presenti nei mesi invernali) ma dove ho incontrato pellicano, gru coronata, alzavola e mestolone del capo ecc.
Tra le esperienze più significative, abbiamo avuto la fortuna di osservare i licaoni, che non godono di un buon status essendo anch’essi sull’orlo dell’estinzione. E che dire delle zebre? Hanno un fascino unico.
Vedere dal vivo gli animali simbolo dell’Africa come leoni, elefanti, giraffe, ippopotami, gnu, gazzelle, coccodrilli, struzzi, ecc. è davvero emozionante. Poterli osservare nei loro ambienti mentre conducono la loro vita, passargli accanto e sfiorare il loro mondo, con rispetto ed ammirazione, riempie di gioia. A volte mancano le parole per descrivere tali sensazioni.
L’avifauna è ricchissima: ci sono specie piccole come Gonolek pettocremisi, Cordon blu pettazzurro, uccelli tessitori e nettarinie, e quelli di dimensioni davvero ragguardevoli come il Marabù dall’aspetto inquietante o l’Airone golia, entrambi alti circa un metro e mezzo, e poi avvoltoi, rapaci come lo stupendo Falco giocoliere, o specie acquatiche a non finire come la Jacana africana, l’Aninga, l’Anastomo.
Numerosi e confidenti sono i buceri, con i loro grossi becchi, stupende le otarde tra le quali l’Otarda Kori che è l’uccello simbolo nazionale. Grande entusiasmo, anche da parte dei meno appassionati di birdwatching, ad ogni incontro con una Ghiandaia pettolilla,
o per l’unico Uccello segretario visto da lontano ma inconfondibile. E’ stato bello osservare gli uccelli pulitori sui lunghi colli delle giraffe e sui bufali. Un altro incontro emozionante è stato con l’Umbretta, una specie davvero singolare, unico rappresentante della famiglia Scopidae e del genere Scopus (anche detto propriamente “Testa a martello”).
E’ impossibile però ridurre a poche righe il resoconto di un viaggio per il quale occorrerebbe un libro per poter descrivere la ricchezza e la bellezza della natura e tutte le emozioni che suscita.
Talvolta ci si sente sopraffatti, altre volte completamente immersi ed amalgamati nella natura, ed è li che si ritrovano le proprie radici.